Lo stretto di Messina collega il mar Ionio al Tirreno. La larghezza dello stretto varia dai 3 ai 16 km. Lo stretto è caratterizzato da forti correnti marine e da particolari sismicità nelle zone terriere limitrofe.
L’idea di creare in questa zona un ponte che funga da collegamento tra Calabria e Sicilia ha origini molto antiche. Dalla prima Guerra Punica fino ad oggi tale progetto è passato di mano in mano continuando a essere ogni volta discusso, ma mai realizzato.
Il 5 giugno 2020 il presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte annunciò che avrebbe analizzato l’ultimo progetto di costruzione del Ponte, valutandone l’idoneità, soprattutto ambientale, al fine di comprendere se fosse effettivamente saggio devolvere parte del Recovery Fund a tale opera.
I punti principali dei sostenitori del Ponte, sono:
- Sarebbe un collegamento stabile per tutta Europa;
- Potrebbe velocizzare gli spostamenti e incentivare il turismo;
- Il Ponte potrebbe facilitare l’arrivo dei treni ad altà velocità in Sicilia;
Ancora una volta, dunque, progresso e velocità si trovano in conflitto con la territorialità e il rispetto dell’ambiente. Infatti, che impatto ambientale avrebbe la costruizione di tale infrastruttura?
In questi giorni molte associazioni ambientaliste e di supporto al territorio, tra cui anche Greenpeace Italia, Legambiente, WWF Italia, Touring Club Italiano e FAI – Fondo Ambiente Italiano, hanno inviato una lettera al Presidente del Consiglio Mario Draghi e al Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani in cui espongono tutti i punti per cui, secondo loro, il Ponte sullo Stretto avrebbe un terribile impatto sull’ambiente. I punti sono:
- Valutare, in alternativa al Ponte, il potenziamento dei servizi di trasporto già presenti sul territorio, come traghetti, porti e stazioni ferroviarie, così da non dover costruire nuove infrastrutture e quindi introdurre ulteriore materiale potenzialmente nocivo nella zona.
- L’abbandono del progetto del 2010, sottolineando come quella proposta fu abbandonata dopo che il GC Eurolink non produsse gli approfondimenti economico-finanziari e tecnici richiesti, ancora attualmente non del tutto precisi.
- Dalle carte del progetto definitivo del 2010 emergeva che:
a) il traffico ferroviario e stradale stimato era solo l’11% rispetto alla capacità complessiva dell’infrastruttura, con il rischio che ai pendolari (la stragrande maggioranza degli utenti) fossero applicati pedaggi altissimi;
b) il ponte ad unica campata sarebbe sorto in una delle aree a maggiore rischio sismico del Mediterraneo
c) gli scavi avrebbero inciso sul delicato equilibrio territoriale dei versanti calabrese e siciliano;
d) l’opera sarebbe dovuta sorgere in una delle aree a più alta biodiversità del Mediterraneo, dove sono localizzati ben 12 siti delle Rete Natura 2000, tutelati dall’Europa ai sensi delle Direttive Habitat e Uccelli.
Attualmente, non è ancora del tutto chiara la risposta del Ministro Mario Draghi, ma certo è che moltissimi sono i politichi schieratisi contro all’uso del Recovery Fund per finanziare un’opera del genere, non “strettamente indispensabile”.